Ogni giorno tutti insieme: il canto da sempre è stato espressione di comunità. Insieme si canta lo stesso canto. Si può parlare in modi diversi e con parole diverse. Il canto rinsalda l’unione del gruppo.
Lodando Dio: la lode per essere completa ha bisogno del canto. Il canto sacro è segno della supplica, della lode, della meditazione, dell’amore. Quindi non cantare per cantare, non un fatto tecnico freddo, ma il canto racchiude tutte le diverse espressioni dell’uomo e del suo essere.
Un cuore che canta, loda, è in festa e vive nell’amore.
Il canto è scuola di socialità che educa all’unione delle voci e dei cuori, alla comunione fraterna.
Il canto e la musica esprimono la comunità, favoriscono la fusione, danno fervore alla preghiera. Essa, nella celebrazione,
Già i Padri parlavano dell’una voce che si realizza non con il parlato, ma soltanto attraverso il canto. Si rinuncia all’individualità della propria voce e ci si adegua al canto dell’assemblea; si supera l’indeterminatezza del tono parlato e si raggiunge l’obbligatorietà dell’intonazione cantata.
Chi canta fa qualcosa in più rispetto a chi parla. Se qualcuno canta da solo, ci si volta ad osservarlo, diventa un tipo particolare, un tipo sui generis, un tizio a cui è successo qualcosa di particolare.
Ecco, nella celebrazione succede qualcosa, perciò scatta il bisogno e la necessità di cantare insieme.
Paolo VI così dichiarava:
Nel canto si forma la comunità, favorendo con la fusione delle voci, quella dei cuori, eliminando le differenze di età, di origine, di condizione sociale, riunendo tutti in un solo anelito nella lode a Dio
Ancora un altro intervento luminoso di Paolo VI:
Il canto del popolo deve, perciò ritrovare tutta la sua forza e stare al primo posto. Purtroppo non sempre è dato vedere lo spettacolo meraviglioso di tutta un’assemblea pienamente attiva nel canto. Troppe bocche rimangono mute, senza sciogliersi nel canto. Troppe celebrazioni liturgiche rimangono prive di quella mistica vibrazione, che la musica autenticamente religiosa comunica alle anime aperte e sensibili dei fedeli
Anche il papa Giovanni Paolo II diceva di far risuonare con maggiore
intensità e consapevolezza il “Veni creator Spiritus”.
Far risuonare, fa cantare con la voce e ancora di più con la vita.
A proposito dello Spirito Santo, è nota la miniatura del manoscritto di san Gallo dove si vede il papa san Gregorio che scrive i suoi neumi (neuma forse deriva da Pneuma= Spirito), mentre la colomba simbolica introduce il becco nel suo orecchio. San Gregorio scrive la musica sotto dettatura della colomba.
Cantare
Il verbo cantare: chi può dirne l’origine? Da dove nasce il canto?
Come è composto un canto? Quali sono le infinite voci del canto?
È canto il risveglio di una foresta all’alba? O il mare in tempesta? Nella cella di un monastero durante la notte, quale musica udite?
Il canto è preghiera, poesia, musica.
Cantare è pregare
Allora il cantare più che un problema musicale, è un problema spirituale.
Canta chi ama, l’uomo sedotto dall’amore di Dio prega; tale preghiera ispirata dallo Spirito diventa canto spirituale.
“ Cantare è proprio di chi ama” (S. Agostino).
Allora la pienezza dello spirito è sempre affidata al canto, al canto di gioia o di dolore, al canto di supplica o di adorazione, al canto di giubilo o dell’Alleluia.
“Signore, per te solo io canto
onde ascendere lassù
dove solo Tu sei,
gioia infinita”
(D.M. Turoldo).
Il nostro non è un semplice cantare, ma è un pregare cantando, specialmente quando cantiamo nella liturgia.
Il numero 112 della Sacrosanctum Concilium così afferma: “… sia esprimendo la preghiera e favorendo l’unanimità”.
Sono i primi due effetti prodotti dalla musica: esprimere dolcemente la preghiera, favorire l’unanimità dei fedeli.
Il grande sant’Agostino così si esprimeva a proposito del canto: “Io sento bene che queste sante parole immergono la mia anima in una devozione più pia e più calda quando sono cantate che quando non lo sono, perché ogni moto dell’anima trova un suo modo anche nel canto e nella voce, come una profonda, misteriosa affinità che lo ecciti e stimoli”.
Pregare con il canto: è un problema
È il problema dei problemi: pregare con il canto.
Ecco tutta una serie di espressioni che noi diciamo o ascoltiamo: pregare
cantando, il canto è preghiera, chi canta bene prega due volte, cantare non per cantare ma pregare cantando.
Eppure il problema non si risolve automaticamente: come si fa? In pratica, come ciò avviene? Cosa bisogna valutare per trasformare il canto in preghiera? Quali accorgimenti occorre adoperare per riuscirci?
Quando canto è in attività tutto il mio essere; quando io canto rinuncio a me stesso, esco fuori di me; con il canto io comunico con più profondità un messaggio; il canto è un gesto impegnativo e molto personale.
Una tradizione lunga ed ininterrotta sta a significare come il canto è stato per tanti fedeli strumento utile e indispensabile per una preghiera più piena ed efficace; ininterrottamente la chiesa ha cantato durante i santi riti, al suo Signore.
A volte usiamo il canto come un oggetto, un ornamento, un passatempo, dovremmo invece riscoprirlo come un segno, una finestra che si apre al mistero, una possibilità più forte e penetrante per dire ed esprimere la nostra fede, per gridare il nostro lamento, per esultare con lo iubilus della gioia.
Perché cantiamo?
Chiediamoci: perché cantiamo durante la Messa?
Perché mi piace, perché è bello, perché la Messa è più solenne e partecipata, perché così faccio qualcosa e non mi annoio, perché sto insieme agli altri e faccio amicizia?
Queste risposte non sono né complete né precise.
Il canto che interessa alla liturgia è il canto spirituale (da Spirito?); è Lui che fa sgorgare dal cuore il canto preghiera.
“La musica viene dallo Spirito Santo. Cantare vuol dire riprodurre una melodia ispirata dallo Spirito Santo e rimandarla al Padre come fosse una sorte di eco”.
Perciò il canto liturgico è dono dello Spirito: come nessuna liturgia è senza la presenza dello Spirito, così nessuna preghiera cantata è senza lo Spirito.
Il canto deve essere una preghiera. Il canto liturgico dovrà formare un’unione inscindibile tra silenzio e suono, tra parola e canto, tra preghiera e bellezza, tra rito e musica.
La forza e la presenza dello Spirito deve far scomparire la musica, i cantori, i musicisti, i solisti e deve far vedere il Cristo celebrato.