“Amoris laetitia”, sull’amore nella famiglia - Sintesi
“Amoris laetitia” (AL - “La gioia dell’amore”), l’Esortazione apostolica post-sinodale “sull’amore
nella famiglia”, datata non a caso 19 marzo, Solennità di San Giuseppe, raccoglie i risultati di due
Sinodi sulla famiglia indetti da Papa Francesco nel 2014 e nel 2015, le cui Relazioni conclusive
sono largamente citate, insieme a documenti e insegnamenti dei suoi Predecessori e alle numerose
catechesi sulla famiglia dello stesso Papa Francesco. Tuttavia, come già accaduto per altri
documenti magisteriali, il Papa si avvale anche dei contributi di diverse Conferenze episcopali del
mondo (Kenya, Australia, Argentina…) e di citazioni di personalità significative come Martin
Luther King o Erich Fromm. Particolare una citazione dal film “Il pranzo di Babette”, che il Papa
ricorda per spiegare il concetto di gratuità.
Premessa
L’Esortazione apostolica colpisce per ampiezza e articolazione. Essa è suddivisa in nove capitoli e
oltre 300 paragrafi. Ma si apre con sette paragrafi introduttivi che mettono in piena luce la
consapevolezza della complessità del tema e l’approfondimento che richiede. Si afferma che gli
interventi dei Padri al Sinodo hanno composto un «prezioso poliedro» (AL 4) che va preservato. In
questo senso il Papa scrive che «non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere
risolte con interventi del magistero». Dunque per alcune questioni «in ogni paese o regione si
possono cercare soluzioni più inculturate, attente alle tradizioni e alle sfide locali. Infatti, “le culture
sono molto diverse tra loro e ogni principio generale [...] ha bisogno di essere inculturato, se vuole
essere osservato e applicato”» (AL 3). Questo principio di inculturazione risulta davvero importante
persino nel modo di impostare e comprendere i problemi che, aldilà delle questioni dogmatiche ben
definite dal Magistero della Chiesa, non può essere «globalizzato».Ma soprattutto il Papa afferma
subito e con chiarezza che bisogna uscire dalla sterile contrapposizione tra ansia di cambiamento e
applicazione pura e semplice di norme astratte. Scrive: «I dibattiti che si trovano nei mezzi di
comunicazione o nelle pubblicazioni e perfino tra i ministri della Chiesa vanno da un desiderio
sfrenato di cambiare tutto senza sufficiente riflessione o fondamento, all’atteggiamento che
pretende di risolvere tutto applicando normative generali o traendo conclusioni eccessive da alcune
riflessioni teologiche» (AL 2).
Capitolo primo: “Alla luce della Parola”
Poste queste premesse, il Papa articola la sua riflessione a partire dalle Sacre Scritture con il primo
capitolo, che si sviluppa come una meditazione sul Salmo 128, caratteristico della liturgia nuziale
ebraica come di quella cristiana. La Bibbia «è popolata da famiglie, da generazioni, da storie di
amore e di crisi familiari» (AL 8) e a partire da questo dato si può meditare come la famiglia non sia
un ideale astratto, ma un «compito “artigianale”» (AL 16) che si esprime con tenerezza (AL 28) ma
che si è confrontato anche con il peccato sin dall’inizio, quando la relazione d’amore si è
trasformata in dominio (cfr AL 19). Allora la Parola di Dio «non si mostra come una sequenza di
tesi astratte, bensì come una compagna di viaggio anche per le famiglie che sono in crisi o
attraversano qualche dolore, e indica loro la meta del cammino» (AL 22).
Capitolo secondo: “La realtà e le sfide delle famiglie”
A partire dal terreno biblico nel secondo capitolo il Papa considera la situazione attuale delle
famiglie, tenendo «i piedi per terra» (AL 6), attingendo ampiamente alle Relazioni conclusive dei
due Sinodi e affrontando numerose sfide, dal fenomeno migratorio alla negazione ideologica della
differenza di sesso (“ideologia del gender”); dalla cultura del provvisorio alla mentalità antinatalista
e all’impatto delle biotecnologie nel campo della procreazione; dalla mancanza di casa e di lavoro
alla pornografia e all’abuso dei minori; dall’attenzione alle persone con disabilità, al rispetto degli
anziani; dalla decostruzione giuridica della famiglia, alla violenza nei confronti delle donne. Il Papa
insiste sulla concretezza, che è una cifra fondamentale dell’Esortazione. E sono la concretezza e il
realismo che pongono una sostanziale differenza tra «teorie» di interpretazione della realtà e
«ideologie».
Citando la Familiaris consortio Francesco afferma che «è sano prestare attenzione alla realtà
concreta, perché “le richieste e gli appelli dello Spirito risuonano anche negli stessi avvenimenti
della storia”, attraverso i quali “la Chiesa può essere guidata ad una intelligenza più profonda
dell'inesauribile mistero del matrimonio e della famiglia”» (AL 31). Senza ascoltare la realtà non è
possibile comprendere né le esigenze del presente né gli appelli dello Spirito, dunque. Il Papa nota
che l’individualismo esasperato rende difficile oggi donarsi a un’altra persona in maniera generosa
(cfr AL 33). Ecco una interessante fotografia della situazione: «Si teme la solitudine, si desidera
uno spazio di protezione e di fedeltà, ma nello stesso tempo cresce il timore di essere catturati da
una relazione che possa rimandare il soddisfacimento delle aspirazioni personali» (AL 34).
L’umiltà del realismo aiuta a non presentare «un ideale teologico del matrimonio troppo astratto,
quasi artificiosamente costruito, lontano dalla situazione concreta e dalle effettive possibilità delle
famiglie così come sono» (AL 36). L’idealismo allontana dal considerare il matrimonio quel che è,
cioè un «cammino dinamico di crescita e realizzazione». Per questo non bisogna neanche credere
che le famiglie si sostengano «solamente insistendo su questioni dottrinali, bioetiche e morali, senza
motivare l’apertura alla grazia» (AL 37). Invitando a una certa “autocritica” di una presentazione
non adeguata della realtà matrimoniale e familiare, il Papa insiste che è necessario dare spazio alla
formazione della coscienza dei fedeli: “Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di
sostituirle” (AL37). Gesù proponeva un ideale esigente ma «non perdeva mai la vicinanza
compassionevole alle persone fragili come la samaritana o la donna adultera» (AL 38).
Capitolo terzo: “Lo sguardo rivolto a Gesù: la vocazione della famiglia”
Il terzo capitolo è dedicato ad alcuni elementi essenziali dell’insegnamento della Chiesa circa il
matrimonio e la famiglia. La presenza di questo capitolo è importante perché illustra in maniera
sintetica in 30 paragrafi la vocazione alla famiglia secondo il Vangelo così come è stata recepita
dalla Chiesa nel tempo, soprattutto sul tema della indissolubilità, della sacramentalità del
matrimonio, della trasmissione della vita e della educazione dei figli. Vengono ampiamente citate la
Gaudium et spes del Vaticano II, la Humanae vitae di Paolo VI, la Familiaris consortio di Giovanni
Paolo II.
Lo sguardo è ampio e include anche le «situazioni imperfette». Leggiamo infatti: «”Il discernimento
della presenza dei “semina Verbi” nelle altre culture (cfr Ad gentes, 11) può essere applicato anche
alla realtà matrimoniale e familiare. Oltre al vero matrimonio naturale ci sono elementi positivi
presenti nelle forme matrimoniali di altre tradizioni religiose”, benché non manchino neppure le
ombre” (AL 77). La riflessione include anche le «famiglie ferite» di fronte alle quali il Papa afferma
—citando la Relatio finalis del Sinodo del 2015 —«occorre sempre ricordare un principio generale:
“Sappiano i pastori che, per amore della verità, sono obbligati a ben discernere le situazioni”
(Familiaris consortio, 84). Il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi, e possono esistere
fattori che limitano la capacità di decisione. Perciò, mentre va espressa con chiarezza la dottrina,
sono da evitare giudizi che non tengono conto della complessità delle diverse situazioni, ed è
necessario essere attenti al modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo della loro
condizione» (AL 79).
Capitolo quarto: “L’amore nel matrimonio”
Il quarto capitolo tratta dell’amore nel matrimonio, e lo illustra a partire dall’”inno all’amore” di
San Paolo in 1 Cor 13, 4-7. Il capitolo è una vera e propria esegesi attenta, puntuale, ispirata e
poetica del testo paolino. Potremmo dire che si tratta di una collezione di frammenti di un discorso
amoroso che è attento a descrivere l’amore umano in termini assolutamente concreti. Si resta colpiti
dalla capacità di introspezione psicologica che segna questa esegesi. L’approfondimento
psicologico entra nel mondo delle emozioni dei coniugi — positive e negative —e nella dimensione
erotica dell’amore. Si tratta di un contributo estremamente ricco e prezioso per la vita cristiana dei
coniugi, che non aveva finora paragone in precedenti documenti papali.
A suo modo questo capitolo costituisce un trattatello dentro la trattazione più ampia, pienamente
consapevole della quotidianità dell’amore che è nemica di ogni idealismo: «non si deve gettare
sopra due persone limitate — scrive il Pontefice —il tremendo peso di dover riprodurre in maniera
perfetta l’unione che esiste tra Cristo e la sua Chiesa, perché il matrimonio come segno implica “un
processo dinamico, che avanza gradualmente con la progressiva integrazione dei doni di Dio”» (AL
122). Ma d’altra parte il Papa insiste in maniera forte e decisa sul fatto che «nella stessa natura
dell’amore coniugale vi è l’apertura al definitivo» (AL 123), proprio all’interno di quella
«combinazione di gioie e di fatiche, di tensioni e di riposo, di sofferenze e di liberazioni, di
soddisfazioni e di ricerche, di fastidi e di piaceri» (Al 126) che è appunto il matrimonio.
Il capitolo si conclude con una riflessione molto importante sulla «trasformazione dell’amore»
perché «il prolungarsi della vita fa sì che si verifichi qualcosa che non era comune in altri tempi: la
relazione intima e la reciproca appartenenza devono conservarsi per quattro, cinque o sei decenni, e
questo comporta la necessità di ritornare a scegliersi a più riprese» (AL 163). L’aspetto fisico muta
e l’attrazione amorosa non viene meno ma cambia: il desiderio sessuale col tempo si può
trasformare in desiderio di intimità e “complicità”. «Non possiamo prometterci di avere gli stessi
sentimenti per tutta la vita. Ma possiamo certamente avere un progetto comune stabile, impegnarci
ad amarci e a vivere uniti finché la morte non ci separi, e vivere sempre una ricca intimità» (AL
163).
Capitolo quinto: “L’amore che diventa fecondo”
Il quinto capitolo è tutto concentrato sulla fecondità e la generatività dell’amore. Si parla in maniera
spiritualmente e psicologicamente profonda dell’accogliere una nuova vita, dell’attesa propria della
gravidanza, dell’amore di madre e di padre. Ma anche della fecondità allargata, dell’adozione,
dell’accoglienza del contributo delle famiglie a promuovere una “cultura dell’incontro”, della vita
nella famiglia in senso ampio, con la presenza di zii, cugini, parenti dei parenti, amici. L’Amoris
laetitia non prende in considerazione la famiglia «mononucleare», perché è ben consapevole della
famiglia come rete di relazioni ampie. La stessa mistica del sacramento del matrimonio ha un
profondo carattere sociale (cfr AL 186). E all’interno di questa dimensione sociale il Papa sottolinea
in particolare sia il ruolo specifico del rapporto tra giovani e anziani, sia la relazione tra fratelli e
sorelle come tirocinio di crescita nella relazione con gli altri.
Capitolo sesto: “Alcune prospettive pastorali”
Nel sesto capitolo il Papa affronta alcune vie pastorali che orientano a costruire famiglie solide e
feconde secondo il piano di Dio. In questa parte l’Esortazione fa largo ricorso alle Relazioni
conclusive dei due Sinodi e alle catechesi di Papa Francesco e di Giovanni Paolo II. Si ribadisce che
le famiglie sono soggetto e non solamente oggetto di evangelizzazione. Il Papa rileva «che ai
ministri ordinati manca spesso una formazione adeguata per trattare i complessi problemi attuali
delle famiglie» (AL 202). Se da una parte bisogna migliorare la formazione psico-affettiva dei
seminaristi e coinvolgere di più la famiglia nella formazione al ministero (cfr AL 203), dall’altra
«può essere utile (…) anche l’esperienza della lunga tradizione orientale dei sacerdoti sposati» (AL
202).
Quindi il Papa affronta il tema del guidare i fidanzati nel cammino di preparazione al matrimonio,
dell’accompagnare gli sposi nei primi anni della vita matrimoniale (compreso il tema della paternità
responsabile), ma anche in alcune situazioni complesse e in particolare nelle crisi, sapendo che
«ogni crisi nasconde una buona notizia che occorre saper ascoltare affinando l’udito del cuore» (AL
232). Si analizzano alcune cause di crisi, tra cui una maturazione affettiva ritardata (cfr AL 239).
Inoltre si parla anche dell’accompagnamento delle persone abbandonate, separate o divorziate e si
sottolinea l’importanza della recente riforma dei procedimenti per il riconoscimento dei casi di
nullità matrimoniale. Si mette in rilievo la sofferenza dei figli nelle situazioni conflittuali e si
conclude: “Il divorzio è un male, ed è molto preoccupante la crescita del numero dei divorzi. Per
questo, senza dubbio, il nostro compito pastorale più importante riguardo alle famiglie è rafforzare
l’amore e aiutare a sanare le ferite, in modo che possiamo prevenire l’estendersi di questo dramma
nella nostra epoca” (AL 246). Si toccano poi le situazioni dei matrimoni misti e di quelli con
disparità di culto, e la situazione delle famiglie che hanno al loro interno persone con tendenza
omosessuale, ribadendo il rispetto nei loro confronti e il rifiuto di ogni ingiusta discriminazione e di
ogni forma di aggressione o violenza. Pastoralmente preziosa è la parte finale del capitolo: “Quando
la morte pianta il suo pungiglione”, sul tema della perdita delle persone care e della vedovanza.
Capitolo settimo: “Rafforzare l’educazione dei figli”
Il settimo capitolo è tutto dedicato all’educazione dei figli: la loro formazione etica, il valore della
sanzione come stimolo, il paziente realismo, l’educazione sessuale, la trasmissione della fede, e più
in generale la vita familiare come contesto educativo. Interessante la saggezza pratica che traspare a
ogni paragrafo e soprattutto l’attenzione alla gradualità e ai piccoli passi «che possano essere
compresi, accettati e apprezzati» (AL 271).
Vi è un paragrafo particolarmente significativo e pedagogicamente fondamentale nel quale
Francesco afferma chiaramente che «l’ossessione non è educativa, e non si può avere un controllo
di tutte le situazioni in cui un figlio potrebbe trovarsi a passare (…). Se un genitore è ossessionato
di sapere dove si trova suo figlio e controllare tutti i suoi movimenti, cercherà solo di dominare il
suo spazio. In questo modo non lo educherà, non lo rafforzerà, non lo preparerà ad affrontare le
sfide. Quello che interessa principalmente è generare nel figlio, con molto amore, processi di
maturazione della sua libertà, di preparazione, di crescita integrale, di coltivazione dell’autentica
autonomia» (AL 261).
Notevole è la sezione dedicata all’educazione sessuale, intitolata molto espressivamente: “Sì
all’educazione sessuale”. Si sostiene la sua necessità e ci si domanda “se le nostre istituzioni
educative hanno assunto questa sfida (…) in un’epoca in cui si tende a banalizzare e impoverire la
sessualità”. Essa va realizzata “nel quadro di un’educazione all’amore, alla reciproca donazione”
(AL 280). Si mette in guardia dall’espressione “sesso sicuro”, perché trasmette “un atteggiamento
negativo verso la naturale finalità procreativa della sessualità, come se un eventuale figlio fosse un
nemico dal quale doversi proteggere. Così si promuove l’aggressività narcisistica invece
dell’accoglienza” (AL 283).
Capitolo ottavo: “Accompagnare, discernere e integrare la fragilità”
Il capitolo ottavo costituisce un invito alla misericordia e al discernimento pastorale davanti a
situazioni che non rispondono pienamente a quello che il Signore propone. Il Papa qui scrive usa tre
verbi molto importanti: “accompagnare, discernere e integrare” che sono fondamentali
nell’affrontare situazioni di fragilità, complesse o irregolari. Quindi il Papa presenta la necessaria
gradualità nella pastorale, l’importanza del discernimento, le norme e circostanze attenuanti nel
discernimento pastorale, e infine quella che egli definisce la «logica della misericordia pastorale».
Il capitolo ottavo è molto delicato. Per leggerlo si deve ricordare che «spesso il lavoro della Chiesa
assomiglia a quello di un ospedale da campo» (AL 291). Qui il Pontefice assume ciò che è stato
frutto della riflessione del Sinodo su tematiche controverse. Si ribadisce che cos’è il matrimonio
cristiano e si aggiunge che «altre forme di unione contraddicono radicalmente questo ideale, mentre
alcune lo realizzano almeno in modo parziale e analogo». La Chiesa dunque «non manca di
valorizzare gli “elementi costruttivi in quelle situazioni che non corrispondono ancora o non più” al
suo insegnamento sul matrimonio» (AL 292).
Per quanto riguarda il “discernimento” circa le situazioni “irregolari” il Papa osserva: “sono da
evitare giudizi che non tengono conto della complessità delle diverse situazioni, ed è necessario
essere attenti al modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo della loro condizione” (AL 296).
E continua: “Si tratta di integrare tutti, si deve aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di
partecipare alla comunità ecclesiale, perché si senta oggetto di una misericordia ‘immeritata,
incondizionata e gratuita’”(AL 297). Ancora: “I divorziati che vivono una nuova unione, per
esempio, possono trovarsi in situazioni molto diverse, che non devono essere catalogate o rinchiuse
in affermazioni troppo rigide senza lasciare spazio a un adeguato discernimento personale e
pastorale” (AL 298).
In questa linea, accogliendo le osservazioni di molti Padri sinodali, il Papa afferma che “i battezzati
che sono divorziati e risposati civilmente devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei
diversi modi possibili, evitando ogni forma di scandalo”. “La loro partecipazione può esprimersi in
diversi servizi ecclesiali (…) Essi non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare
come membra vive della Chiesa (…) Questa integrazione è necessaria pure per la cura e
l’educazione cristiana dei loro figli” (AL 299).
Più in generale il Papa fa una affermazione estremamente importante per comprendere
l’orientamento e il senso dell’Esortazione: “Se si tiene conto dell’innumerevole varietà di situazioni
concrete (…) è comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione
una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi. E’ possibile soltanto un
nuovo incoraggiamento ad un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari,
che dovrebbe riconoscere che, poiché il ‘grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi’, le
conseguenze o gli effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi” (AL
300). Il Papa sviluppa in modo approfondito esigenze e caratteristiche del cammino di
accompagnamento e discernimento in dialogo approfondito fra i fedeli e i pastori. A questo fine
richiama la riflessione della Chiesa “su condizionamenti e circostanze attenuanti” per quanto
riguarda la imputabilità e la responsabilità delle azioni e, appoggiandosi a San Tommaso d’Aquino,
si sofferma sul rapporto fra “le norme e il discernimento” affermando: “E’ vero che le norme
generali presentano un bene che non si deve mai disattendere né trascurare, ma nella loro
formulazione non possono abbracciare assolutamente tutte le situazioni particolari. Nello stesso
tempo occorre dire che, proprio per questa ragione, ciò che fa parte di un discernimento pratico
davanti a una situazione particolare non può essere elevato al livello di una norma” (AL 304).
Nell’ultima sezione del capitolo: “La logica della misericordia pastorale”, Papa Francesco, per
evitare equivoci, ribadisce con forza: “Comprendere le situazioni eccezionali non implica mai
nascondere la luce dell’ideale più pieno né proporre meno di quanto Gesù offre all’essere umano.
Oggi, più importante di una pastorale dei fallimenti è lo sforzo pastorale per consolidare i
matrimoni e così prevenire le rotture” (AL 307). Ma il senso complessivo del capitolo e dello spirito
che Papa Francesco intende imprimere alla pastorale della Chiesa è ben riassunto nelle parole finali:
“Invito i fedeli che stanno vivendo situazioni complesse ad accostarsi con fiducia a un colloquio
con i loro pastori o con laici che vivono dediti al Signore. Non sempre troveranno in essi una
conferma delle proprie idee e dei propri desideri, ma sicuramente riceveranno una luce che
permetterà loro di comprendere meglio quello che sta succedendo e potranno scoprire un cammino
di maturazione personale. E invito i pastori ad ascoltare con affetto e serenità, con il desiderio
sincero di entrare nel cuore del dramma delle persone e di comprendere il loro punto di vista, per
aiutarle a vivere meglio e a riconoscere il loro posto nella Chiesa” (AL 312). Sulla “logica della
misericordia pastorale” Papa Francesco afferma con forza: «A volte ci costa molto dare spazio nella
pastorale all’amore incondizionato di Dio. Poniamo tante condizioni alla misericordia che la
svuotiamo di senso concreto e di significato reale, e questo è il modo peggiore di annacquare il
Vangelo» (AL 311).
Capitolo nono: “Spiritualità coniugale e familiare”
Il nono capitolo è dedicato alla spiritualità coniugale e familiare, «fatta di migliaia di gesti reali e
concreti» (AL 315). Con chiarezza si dice che «coloro che hanno desideri spirituali profondi non
devono sentire che la famiglia li allontana dalla crescita nella vita dello Spirito, ma che è un
percorso che il Signore utilizza per p
ortarli ai vertici dell’unione mistica» (AL 316). Tutto, «i momenti di gioia, il riposo o la festa, e
anche la sessualità, si sperimentano come una partecipazione alla vita piena della sua Risurrezione»
(AL 317). Si parla quindi della preghiera alla luce della Pasqua, della spiritualità dell’amore
esclusivo e libero nella sfida e nell’anelito di invecchiare e consumarsi insieme, riflettendo la
fedeltà di Dio (cfr AL 319). E infine la spiritualità «della cura, della consolazione e dello stimolo».
«Tutta la vita della famiglia è un “pascolo” misericordioso. Ognuno, con cura, dipinge e scrive nella
vita dell’altro» (AL 322), scrive il Papa. È profonda «esperienza spirituale contemplare ogni
persona cara con gli occhi di Dio e riconoscere Cristo in lei» (AL 323).
Nel paragrafo conclusivo il Papa afferma: “Nessuna famiglia è una realtà perfetta e confezionata
una volta per sempre, ma richiede un graduale sviluppo della propria capacità di amare (…). Tutti
siamo chiamati a tenere viva la tensione verso qualcosa che va oltre noi stessi e i nostri limiti, e ogni
famiglia deve vivere in questo stimolo costante. Camminiamo, famiglie, continuiamo a camminare !
(…). Non perdiamo la speranza a causa dei nostri limiti, ma neppure rinunciamo a cercare la
pienezza di amore e di comunione che ci è stata promessa” (AL 325).
L’Esortazione apostolica si conclude con una Preghiera alla Santa Famiglia (AL 325).
Preghiera alla Santa Famiglia
Gesù, Maria e Giuseppe,
in voi contempliamo
lo splendore del vero amore,
a voi, fiduciosi, ci affidiamo.
Santa Famiglia di Nazaret,
rendi anche le nostre famiglie
luoghi di comunione e cenacoli di preghiera,
autentiche scuole di Vangelo
e piccole Chiese domestiche.
Santa Famiglia di Nazaret,
mai più ci siano nelle famiglie
episodi di violenza, di chiusura e di divisione;
che chiunque sia stato ferito o scandalizzato
venga prontamente confortato e guarito.
Santa Famiglia di Nazaret,
fa’ che tutti ci rendiamo consapevoli
del carattere sacro e inviolabile della famiglia,
della sua bellezza nel progetto di Dio.
Gesù, Maria e Giuseppe,
ascoltateci e accogliete la nostra supplica.
Amen.
Come è possibile comprendere già da un rapido esame dei suoi contenuti, L’Esortazione apostolica
Amoris laetitia intende ribadire con forza non l’«ideale» della famiglia, ma la sua realtà ricca e
complessa. Vi è nelle sue pagine uno sguardo aperto, profondamente positivo, che si nutre non di
astrazioni o proiezioni ideali, ma di un’attenzione pastorale alla realtà. Il documento è una lettura
densa di spunti spirituali e di sapienza pratica utile ad ogni coppia umana o a persone che
desiderano costruire una famiglia. Si vede soprattutto che è stata frutto di esperienza concreta con
persone che sanno per esperienza che cosa sia la famiglia e il vivere insieme per molti anni.
L’Esortazione parla infatti il linguaggio dell’esperienza.
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Categoria: Parrocchia
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