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L’IDENTITA’ DI GESU’, IL SUO ESSERE FIGLIO E

LA NOSTRA FIGLIOLANZA

­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­prima domenica di avvento

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“ Il mistero del Natale ci dice in modo semplice che Gesù, la Parola che viene dall’alto, il Figlio del Padre, si fa bambino, assume la nostra umanità, cresce come un ragazzo in una famiglia, vive l’esperienza della religiosità e della legge.

La vita quotidiana scandita dai giorni di lavoro e dal riposo del sabato, il calendario delle feste”. Come ogni uomo che viene al mondo anche Gesù domanda di essere accolto; accolto da una famiglia, accolto dai suoi, accolto da tutti noi:

Gv. 1,11-12

Venne tra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome.

 

Accogliendo Gesù come Figlio di Dio, non solo riconosciamo la sua identità, ma noi stessi diventiamo Figli di Dio. La memoria della Incarnazione è insieme memoria della nostra identità.

Chi è questo bambino che viene al mondo?

 

La sua origine, annunciata da un angelo, svela la sua identità: “ Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo”. Incomincia da Nazareth, dalla casa di Maria, arca della nuova alleanza, la presenza del Verbo tra noi.

A Betlemme, a dei pastori, sarà ancora un angelo ad annunciarne la nascita: “ è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore”. In un bambino avvolto in fasce ed adagiato in una mangiatoia si cela il mistero di Dio, il Salvatore del mondo. Ma come poteva esserlo un bambino indifeso, figlio di povera gente, nato ai margini della città? Come potevano nascondersi in lui la forza e il potere che gli avrebbero consentito di essere il liberatore del popolo?

 

 

NAZARETH, LUOGO DELLA MEMORIA

IL VALORE DELLA MEMORIA CUSTODISCE LA NOSTRA IDENTITÀ DI FIGLI DI DIO E DI FIGLI "FORGIATI" DA UNA FAMIGLIA

seconda  domenica di avvento _________________________________________________________

 

Nazareth è anche il luogo della memoria di Gesù: «Gesù, la Parola di Dio in persona, si è immerso nella nostra umanità per trent'anni. Le parole degli uomini, le relazioni familiari, l'esperienza dell'amicizia e della conflittualità, della salute e della malattia, della gioia e del dolore sono diventati linguaggi che Gesù impara per dire la Parola di Dio. Donde vengono, se non dalla famiglia e dall'ambiente di Nazareth, le parole di Gesù, le sue immagini, la sua capacità di guardare i campi, il contadino che semina, la messe che biondeggia, la donna che impasta la farina, il pastore che ha perso la pecora, il padre con i suoi due figli. Dove ha imparato Gesù la sua sorprendente capacità di raccontare, immaginare, paragonare, pregare nella e con la vita? Non vengono forse dall'immersione di Gesù nella vita di Nazareth? Per questo diciamo che Nazareth è il luogo dell'umiltà e del nascondimento». «Anche noi diventiamo ciò che abbiamo ricevuto. Il mistero di Nazareth è l'insieme di tutti questi legami: la famiglia e la religiosità, le nostre radici e la nostra gente, la vita

quotidiana e i sogni per il domani. L'avventura della vita umana parte da ciò che abbiamo ricevuto: la vita, la casa, l'affetto, la lingua, la fede. La nostra umanità è forgiata da una famiglia, con le sue ricchezze e le sue povertà». I ragazzi e i giovani di oggi rischiano di vivere senza memoria; troppo concentrati sul presente che l’assorbe totalmente. L'orizzonte della loro vita si è molto esteso con le nuove tecnologie, ma rischia di rimanere senza storia. Qualcuno ha definito le vite dei giovani come dei sentieri sull'acqua; qualcun altro ha parlato di "tempo punteggiato" che fatica a collegare i vari istanti e ad unificarsi in una storia. Coltivare la memoria aiuta a recuperare un prima che dà identità e si costruisce come base per progettare il tempo che ancora deve venire. Anche la fede è la memoria di un dono di salvezza ricevuto che trova nel presente il luogo della sua celebrazione. Senza memoria delle proprie origini anche un popolo non è in grado né di offrire grandi e convincenti narrazioni ideali, né di coltivare nel cuore coraggiose profezie.

 

 

 

 

 

 

 

 

DIO HA FATTO DI ME UNA MERAVIGLIA

terza  domenica di avvento

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Vado ripensando alla mia vita e scopro che la mia origine fonda le sue radici nel disegno di Dio misericordioso. Sono stato creato ad immagine e somiglianza di Dio. Riconosco che Dio ha «fatto di me una meraviglia stupenda» (Sal 139,14) e per questo la mia vita è un rendimento di grazie a Lui. Riconosco che Lui si prende cura di me perché mi ha «fatto poco meno di un dio» (Sal 8,6). Per me Dio è un Padre. Sto scoprendo il dono della fede come esperienza dell'incontro con lui che si fa vicino a me nella mia vita quotidiana.

Ogni giorno mi avvolge con il suo Spirito e mi riempie della sua grazia: per questo coltivo il desiderio di conoscere Gesù e di volergli bene, perché in lui Dio ha mostrato il senso e il destino della mia vita. Guardo a Gesù come al segno più grande con il quale Dio ci ha rivelato di abitare la nostra storia e, in essa, ci ha mostrato il suo volto. Credo che realmente Dio, in Gesù, si è fatto uomo, come ogni uomo, e ha così manifestato anche la mia vera identità.

Credo che Gesù è il Signore della mia vita, colui che porta a compimento le attese più vere e dà speranza ai miei progetti. Coltivo la volontà di affidarmi a lui come al Maestro e alla guida del mio cammino. Riconosco che la sua venuta nella storia ha un respiro universale ed abbraccia ogni uomo e ogni popolo nel mondo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SONO FIGLIO DI DIO

 

quarta domenica di avvento

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Mi pongo costantemente la domanda sulla mia identità. Non perché essa si plasmi giorno per giorno, a seconda delle convenienze, ma perché possa avere coscienza della sua unicità e grandezza. Sono figlio di Dio, amato e chiamato da lui: questa consapevolezza è unità e sintesi di tutta la mia persona e di tutte le esperienze di vita.

La mia vita e il mio posto nel mondo non dipendono solo da me e non ruotano esclusivamente attorno a me. Questa certezza mi consola nelle difficoltà e relativizza molti problemi che considero

insuperabili. Faccio memoria del mio passato: quello familiare, quello religioso e quello sociale. Lì trovo le radici della mia vita e conoscendolo posso capire meglio chi sono; lì posso trovare un fondamento solido per il mio presente e il mio domani.

 

LA NOTIZIA PIÙ ATTUALE

La Natività di He Qi, pittore cinese è di forte impatto compositivo e cromatico. Un segno forte taglia più volte lo spazio e va a determinare una scomposizione di piani che, pur non seguendo la logica della prospettiva tradizionale, tuttavia determina spazi diversi nei quali le varie presenze si
collocano in maniera puntuale e precisa anche se descrittiva. E come uno specchio che
infrantosi in più parti non perde l'unità dell'immagine, ma la rimanda a noi con riflessi sempre nuovi e diversi. Il colore, poi, forte nei timbri e nei contrasti, aiuta a creare una suggestiva atmosfera abitata anche da una certa spiritualità semplice, lirica, quasi infantile, ma non meno efficace.

 

 

Il Don

don Alberto Cinghia